
Come si curano gli indiani: guna e ayurveda
«Sattva, rajas e tamas, i guna
che hanno origine nella natura,
legano nel corpo, o eroe dalle grandi braccia,
l’inalterabile spirito che abita il corpo».
I guna sembrano una sorta di collegamento tra lo spirito e il fisico-psichico.
«Fra essi il sattva, essendo immacolato,
è illuminante e salutare,
e lega con l’interesse alla gioia
e con l’interesse alla conoscenza (…).
Sappi che il rajas è fatto di passione
e proviene da sete e attaccamento;
esso lega lo spirito che abita il corpo
con l’attaccamento all’azione (…).
Sappi poi che il tamas, nato dall’ignoranza,
fuorvia tutti quelli che hanno un corpo;
esso lega con la distrazione, la pigrizia
e la sonnolenza (…).»
«Il sattva provoca attaccamento alla gioia,
il rajas all’azione (…)
e il tamas, ricoprendo la conoscenza,
provoca attaccamento alla distrazione.
Giuliano Boccali
Professore di Indologia e Lingua e Letteratura Sanscrita all’Università degli Studi di Milano fino al 2014. Ha curato le edizioni italiane di alcuni tra i capolavori della letteratura indiana classica, in particolare: Nuvolo messaggero, Le stanze dell’amor furtivo, Gītagovinda e Kàlidàsa. La storia di Śiva e Pārvatī.

Gli indiani analizzano tutto attraverso la teoria dei guna.
Per esempio, nell’approfondire il tema della salute si scopre che nel corpo uno squilibrio dell’elemento tamasico fa altrettanto male che uno squilibrio dell’elemento sattvico sul piano spirituale: il progresso consiste nell’alimentare dentro di sé gli stati psicologico-affettivi sattvici e nel decongestionare gli altri. La questione è capire come gli indiani alimentano alcuni stati e ne decongestionano altri. Per esempio, (…) un incremento del sattva, attraverso la pratica dello yoga, rallenta e placa. Senza pretendere di farsene una vera e propria competenza, si può riflettere su qualche elemento di medicina ayurvedica per comprendere come agiscono questi principi generali, originari della mentalità e della civiltà indiana. Ayurveda vuol dire «scienza dell’età»: ayur «età» e veda «conoscenza». Secondo gli indiani – l’affermazione è di Charaka, grande medico chirurgo: «Tutte le cose sono costituite dai cinque elementi: terra fuoco aria acqua etere». Un errore che si compie spesso è attribuire all’India una generica spiritualità: non è vero. Gli indiani tengono in gran conto a quale livello si deve operare: la medicina deve operare sul piano dei mahabhuta, degli elementi grossi (etere aria fuoco acqua terra).

Tutto è sacro in India
Questo articolo, di Giuliano Boccali, è tratto dal capitolo “I guna e l’ayurveda” di Tutto è sacro in India (Edizioni di Maieutica): in esso si introduce il tema della salute nella cultura indiana, fondata su un pensiero che non ha corrispettivi nel mondo occidentale e che annovera tra i suoi capisaldi la relazione tra la parte e il tutto e le classi sociali.
Liberarsi dalle sofferenze del samsara.

Prevenzione.
Ne deriva che l’ayurveda punta soprattutto sulla prevenzione e su uno stile di vita appropriato. Punta quindi su particolari prassi nella vita quotidiana, alcune delle quali sarebbero per noi particolarmente ostiche, come la levata tra le 4 e le 5 del mattino e la dieta. Una teoria molto interessante si basa sui sei sapori, anche se in realtà i sapori analizzati con criteri moderni sono quattro. Attenzione, non bisogna confondere, neanche in Occidente, i sapori con gli aromi perché gli aromi sono migliaia, i sapori sono quattro: dolce, salato, acido e amaro, a cui gli indiani aggiungono piccante e astringente. Ognuno di questi sapori è in relazione con i dosha: i sapori dei diversi cibi che ingeriamo esercitano un’azione dietetica ed eventualmente un’azione terapeutica. Per esempio, secondo la trattazione tradizionale di un medico indiano, il sapore astringente di certa frutta, soprattutto acerba, o di certi vini rossi riduce il kapha e il pitta, asciuga i liquidi organici, ha effetto dimagrante, purifica il sangue e guarisce i disturbi dermatologici; quando invece è in eccesso provoca sofferenze cardiache, dolori al petto e così via. L’intenzione è di tenere insieme i sapori che fanno riferimento ai vari dosha, i quali a loro volta rimandano ai diversi guna. Il principio dei guna interviene nella costituzione degli elementi grossi, i quali in varie proporzioni sono presenti nei dosha, e agiscono altrettanto nei sapori: una rete tiene unito tutto.


Un uomo intero.
Come si curano gli indiani: guna e ayurveda
«Sattva, rajas e tamas, i guna
che hanno origine nella natura,
legano nel corpo, o eroe dalle grandi braccia,
l’inalterabile spirito che abita il corpo».
I guna sembrano una sorta di collegamento tra lo spirito e il fisico-psichico.
«Fra essi il sattva, essendo immacolato,
è illuminante e salutare,
e lega con l’interesse alla gioia
e con l’interesse alla conoscenza (…).
Sappi che il rajas è fatto di passione
e proviene da sete e attaccamento;
esso lega lo spirito che abita il corpo
con l’attaccamento all’azione (…).
Sappi poi che il tamas, nato dall’ignoranza,
fuorvia tutti quelli che hanno un corpo;
esso lega con la distrazione, la pigrizia
e la sonnolenza (…).»
«Il sattva provoca attaccamento alla gioia,
il rajas all’azione (…)
e il tamas, ricoprendo la conoscenza,
provoca attaccamento alla distrazione.

Gli indiani analizzano tutto attraverso la teoria dei guna.
Per esempio, nell’approfondire il tema della salute si scopre che nel corpo uno squilibrio dell’elemento tamasico fa altrettanto male che uno squilibrio dell’elemento sattvico sul piano spirituale: il progresso consiste nell’alimentare dentro di sé gli stati psicologico-affettivi sattvici e nel decongestionare gli altri. La questione è capire come gli indiani alimentano alcuni stati e ne decongestionano altri. Per esempio, (…) un incremento del sattva, attraverso la pratica dello yoga, rallenta e placa. Senza pretendere di farsene una vera e propria competenza, si può riflettere su qualche elemento di medicina ayurvedica per comprendere come agiscono questi principi generali, originari della mentalità e della civiltà indiana. Ayurveda vuol dire «scienza dell’età»: ayur «età» e veda «conoscenza». Secondo gli indiani – l’affermazione è di Charaka, grande medico chirurgo: «Tutte le cose sono costituite dai cinque elementi: terra fuoco aria acqua etere». Un errore che si compie spesso è attribuire all’India una generica spiritualità: non è vero. Gli indiani tengono in gran conto a quale livello si deve operare: la medicina deve operare sul piano dei mahabhuta, degli elementi grossi (etere aria fuoco acqua terra).
Liberarsi dalle sofferenze del samsara.

Prevenzione.
Ne deriva che l’ayurveda punta soprattutto sulla prevenzione e su uno stile di vita appropriato. Punta quindi su particolari prassi nella vita quotidiana, alcune delle quali sarebbero per noi particolarmente ostiche, come la levata tra le 4 e le 5 del mattino e la dieta. Una teoria molto interessante si basa sui sei sapori, anche se in realtà i sapori analizzati con criteri moderni sono quattro. Attenzione, non bisogna confondere, neanche in Occidente, i sapori con gli aromi perché gli aromi sono migliaia, i sapori sono quattro: dolce, salato, acido e amaro, a cui gli indiani aggiungono piccante e astringente. Ognuno di questi sapori è in relazione con i dosha: i sapori dei diversi cibi che ingeriamo esercitano un’azione dietetica ed eventualmente un’azione terapeutica. Per esempio, secondo la trattazione tradizionale di un medico indiano, il sapore astringente di certa frutta, soprattutto acerba, o di certi vini rossi riduce il kapha e il pitta, asciuga i liquidi organici, ha effetto dimagrante, purifica il sangue e guarisce i disturbi dermatologici; quando invece è in eccesso provoca sofferenze cardiache, dolori al petto e così via. L’intenzione è di tenere insieme i sapori che fanno riferimento ai vari dosha, i quali a loro volta rimandano ai diversi guna. Il principio dei guna interviene nella costituzione degli elementi grossi, i quali in varie proporzioni sono presenti nei dosha, e agiscono altrettanto nei sapori: una rete tiene unito tutto.

